Lettera inviataci da Massimo Tedesco

Siamo lieti di ospitare la lettera inviataci da Massimo Tedesco e segnalarla come iniziativa di bontà.

Gentile dott. Pianciamore,

desidero segnalare a lei e al Comitato del Premio alla Bontà la vicenda di Andrea Canziani, vicenda nella quale mi sono imbattuto casualmente essendo stato invitato a creare il suo sito: www.ilsognodiandrea.it.
Andrea è un ragazzo triestino che all’età di 10 anni è stato colpito da un angioma celebrale che lo ha dapprima fatto entrare in coma e poi costretto all’immobilità.
I suoi genitori, non rassegnandosi all’idea di una vita vegetativa, hanno iniziato una odissea in diversi centri neurologici internazionali alla ricerca di una cura, fino a quando si sono imbattuti negli Istituti per il Raggiungimento del Potenziale Umano di Filadelfia (USA) che promuovono una terapia riabilitativa innovativa: il “Metodo Doman”.
Si tratta di un metodo atto a favorire il recupero dei bambini cerebrolesi, la cui peculiarità consiste nel fatto che tutto viene svolto a casa del bambino, nel suo ambiente familiare. La sua palestra, la ginnastica, l’istruzione, tutto avviene all’interno delle mura domestiche ed il programma viene svolto dalla stessa famiglia, con l’aiuto di amici, parenti e comuni volontari che offrono qualche ora del loro tempo libero per mettersi a disposizione del bambino.
Andrea, grazie all’intensivo programma della terapia Doman, è passato da uno stato vegetativo a una fase iniziale di mobilità che è in continua e progressiva evoluzione. Ha ricominciato persino a scrivere autonomamente e si regge da solo in piedi per alcuni minuti fino a spiccare tre passi per raggiungere il tavolo in maniera autonoma. Progressi che, solo cinque anni fa, ben pochi avrebbero osato prevedere.
Esiste una vera e propria gara di solidarietà a Trieste per aiutare Andrea a raggiungere il suo sogno: poter camminare di nuovo. Centinaia di volontari si alternano continuamente per fargli compiere gli esercizi prescritti. Sono persone che credono nel metodo, ne hanno visto le potenzialità e nulla desiderano in cambio, venendo ripagati solamente dal sorriso riconoscente di Andrea.
Sono rimasto colpito da questo lampante esempio di bontà collettiva che si svolge in assenza di clamore a Trieste e del quale non ero a conoscenza.
Naturale, a quel punto, è stato il collegamento con il Premio alla Bontà Hazel Marie Cole.
I genitori di Andrea hanno bisogno di pubblicità perché il loro obbiettivo primario è quello del reclutamento di nuovi volontari e il Premio alla Bontà, ben conosciuto in città, con la sua capacità di attrarre visibilità e sempre attento a vicende simili a questa, non poteva non esserne messo a conoscenza.
La invito a visitare il sito per ulteriori approfondimenti: www.ilsognodiandrea.it.
Cordiali saluti.

Dopo la tempesta, la … calma

Dopo un mese trascorso con enormi sofferenze a Cattinara, il 23 novembre mia mamma è finalmente dimessa e può essere accolta nella RSA San Giusto, stanza 110, l’ ultima del lungo corridoio. La stanza è bellina, ma la compagnia non è delle più allegre: vicino alla porta c’è Rosa, 95 anni, tenuta in vita dall’ossigeno dopo 3 ictus avuti in 2 mesi. Dall’altra parte c’è Albina, che non fa altro che invocare tutto il giorno i nomi dei familiari o addirittura della mamma; di fronte c’è Vanna, che si è fratturata braccio e femore ed è sul depresso… A Rosa, la peruviana molto gentile che ha accolto e che lavora con la porta aperta, accenno subito alla possibilità di metterla in una stanza meno triste… Ma piano piano, giorno dopo giorno, l’atmosfera cambia. Già la sera stessa scopro che Albina è la nonna di Fabio, mio ex-alunno, e di Manuela Declich, consigliera comunale. Il giorno dopo vengo a sapere incidentalmente che la figlia di Rosa è amica di Paola Bissaldi e desidererebbe i Sacramenti per la mamma, prossima a varcare la soglia dell’eternità. Infine scopro che Vanna è parente di Fabio Spehar, il fisioterapista già amico nostro di gioventù che aveva aiutato nostra mamma quando si era fratturata la gamba tre anni fa. Ho visto nuove queste persone che soffrono come noi per la situazione della persona loro cara.
L’amore per mia mamma e per le altre persone mi ha suggerito un’idea: chiedere a don Muggia, che celebra la Messa nella cappella dell’ITIS in mancanza di un cappellano, che venga a dare l’ Unzione degli Infermi a Rosa e porti Gesù Eucaristia a mia mamma nel giorno del suo 99 compleanno. Così domenica 26 novembre, dopo la Messa celebrata presso le Suore di Carità, porto in macchina all’Itis don Giampaolo e mi reco con lui nel reparto RSA: trovo la stanza rifatta bene, mia mamma che lo aspettava in corridoio insieme a Vanna che era contenta anche lei di ricevere Gesù (come di sentire Radio Maria!). Ho disposto i fiori portati per il compleanno della mamma, ho letto il Vangelo e poi ho assistito don Giampaolo mentre davano l’unzione degli infermi a Rosa… Qualche ora dopo, tornata per il pranzo, mi vedo arrivare una pianta di ciclamini dai parenti di Rosa in segno di riconoscenza. Questa pianta il giorno dopo l’ho portata in chiesa dell’Itis insieme alla badante di Rosa, che era contenta di sapere che c’è una chiesa in questo luogo di sofferenza. E lei si prende cura di Rosa ma anche di mia mamma, di Albina, di Vanna quando non ci siamo noi parenti. Il personale si stupisce di quest’accordo che trova entrando nella stanza 110, come hanno mostrato di gradire le paste che abbiamo portato loro dopo la festicciola che abbiamo fatto domenica pomeriggio con i nipoti e una pronipotina per solennizzare con una nota allegra questi 99 anni, con la speranza di poter fare presto a casa sua una festa vera e propria con la classica torta. E’ qui per la riabilitazione e con la speranza di poter tornare a casa sua, con l’aiuto di Dio e …dei fisioterapisti e la forza indomita di volontà che la caratterizza da sempre.

Rita Corsi

Storia di Mama Dolphine

Mama Dolphine ha tragicamente perduto due figli (14 e 21 anni). Disperata, ha perso anche il lavoro di insegnante.

La sua crisi esistenziale si trasforma però in un bene per tanti ragazzi di strada.

Incontra bambini orfani e con il marito offre loro un tetto. Nel 2006 fonda la “sua” Non Formal School per dare istruzione a tanti giovani di strada. (Troppo cara la scuola pubblica per le famiglie).

Nel 2014 muore il marito ma i ragazzi l’aiutano a continuare nella sua opera diventata ormai una missione.

Oggi oltre 160 alunni frequentano il complesso di Mama Dolphine che ha anche una nursery per consentire ad altri 20 ragazzi e ragazze di frequentare la scuola secondaria e ad otto ragazzi di frequentare l’università, pagando loro il costo degli studi.

Uno dei ragazzi aiutati all’inizio si è laureato ed ora l’aiuta nella grande opera di bene intrapresa, dimostrando che le disgrazie possono trasformarsi in opere di bene.

Storia di Francesco e Giada

“All’inizio dell’anno scolastico è morta la mamma di un’alunna  della seconda media. Tutta la classe ha partecipato ai funerali, tutti i ragazzi hanno cercato di confortare la loro compagna. La piccola Giada però ha cominciato a non mangiare, a dimagrire vistosamente per il suo lutto. Le mancava la sua mamma e le sue merende, così a scuola non toccava cibo. Francesco, un compagno di classe, le ha chiesto cosa amasse mangiare; lei gli ha risposto che le piacevano gli arancini ma caldi. Francesco ha cominciato a svegliarsi alle cinque del mattino per prepararle gli arancini in casa e darglieli caldi. Giada ha ricominciato a mangiare e tutti i compagni fanno a gara per portarle dolci fatti in casa. Giada ha trovato l’amore dei suoi compagni, 24 ragazzini meravigliosi che hanno imparato a non pronunciare più il nome “mamma” in classe per non rattristarla”.

La storia di Alessia e Luca

Una domenica mattina del 2007 il mio piccolo – aveva allora poco più di 5 anni – si sveglia all’alba lamentando un fortissimo dolore ai piedi; ha anche qualche decimo di febbre. “Artralgie, nulla di preoccupante …” ci dice il pediatra venuto a casa la domenica stessa e ci confermano i medici consultati nei giorni seguenti. Ma nel giro di un mese arriva la diagnosi di leucemia linfoblastica acuta. Così Luca inizia la terapia: 24 mesi – da protocollo. Durante questi mesi però la vita deve andare avanti. Luca ha appena concluso la scuola dell’infanzia e a settembre avvia la scuola primaria in ospedale con la dolcissima maestra Dori.

A febbraio siamo finalmente a casa per una pausa di 3 mesi, ma Luca non può frequentare la scuola a causa dell’immunodepressione causata dalla chemioterapia. Così è costretto a lavorare a casa, in parte con il servizio di Istruzione Domiciliare e in parte grazie alla cortesia di uno scricciolo chiamato Alessia. Da quel momento Alessia diventa l’angelo custode di Luca; dapprima un angelo invisibile, conosciuto da Luca solo per mezzo dei suoi quaderni e di quello che gli racconta la mamma, poi in carne ed ossa quando, a partire dalla terza elementare, finalmente Luca frequenta regolarmente la scuola. Anche nei mesi e negli anni successivi la sua amichetta non interrompe la sua azione di tutoring, benché nessuno ormai glielo chieda più. Terminato il ciclo della scuola primaria, quando ormai nessuno se lo aspetta, la malattia improvvisamente ricompare. Questa volta la chemio non basta, ci vuole un trapianto di midollo. E così Luca si prepara ad affrontare questa ennesima battaglia, forte della maturità che il lavoro attento delle maestre e il clima accogliente dell’intera classe ha saputo produrre.

Ancora una volta con grande sofferenza, ma anche con i suoi amici di sempre a fianco, Luca riesce a vincere la sua battaglia, e ancora una volta, rientrato a scuola nel mese di aprile, ritrova il suo angelo custode. Luca ed Alessia sono in prima media.

Oggi (2013) frequentano la seconda, la battaglia di Luca non è del tutto conclusa, ma la gratuità dell’amicizia di Alessia gli infonde quel giusto grado di fiducia nelle sue possibilità, nelle persone che lo circondano e nel suo stesso futuro.

Maria Rita Borgia (mamma di Luca)

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La Storia di Ersilia e Gianni

Non è facile documentare quando assistere il congiunto nella buona e nella cattiva sorte da promessa diventa realtà.

Ersilia da anni è vicina a Gianni, colpito da trombosi cerebrale che 7 anni fa lo ha immobilizzato completamente impendogli anche di parlare e lasciandolo libero solamente di muovere gli occhi.

Ersilia lo ha voluto in casa.

Ha chiesto aiuto agli amici che si sono prodigati in una gara di solidarietà: c’è chi lo porta all’università, chi lo porta a fare un giro in giardino pubblico e c’è chi la domenica lo accompagna per Trieste. Alcuni di loro sono vecchi amici di famiglia.

Gianni non si è dato per vinto e, grazie ad un lettore ottico, riesce a comunicare con il solo movimento degli occhi, partecipa ad un progetto sperimentale di lettura delle onde cerebrali promosso dall’Università di Trieste e tramite una cuffia con 17 sensori mette in moto l’energia del suo cervello nell’interazione col computer.

Quanta forza di volontà, quanta generosità, quanta ricerca e studi per il bene dell’essere umano in questa semplice storia di famiglia modello!

La storia di Marinella

A 82 anni, Marinella si impegna nell’assistenza a una signora di 100, affetta da encefalopatia vascolare con deficit psicomotorio totale. Con energia e spirito pratico, oltre a fare compagnia alla malata, dà una mano alla figlia, anch’essa anziana e affaticata, sollevandola da molte delle incombenze quotidiane e – soprattutto – offrendole il suo affettuoso sostegno psicologico, fatto di ottimismo e coraggio.

Dopo la morte della signora, Marinella si dedica a un’altra malata, alla quale è stato diagnosticato, in seguito a encefalopatia vascolare, un grave deterioramento cognitivo. Per sette anni le fa visita, la porta a fare brevi gite in macchina in giro per la città, perché si senta una “persona” e non un caso clinico. Quando infine la signora, a causa delle sue condizioni, viene ricoverata in una casa di riposo, Marinella continua ad andarla a trovare e a provvedere a tutte le sue necessità.

Nel 2010 Marinella, a 89 anni, è segnalata per il premio. E dire che, prima di entrare nell’assistenza domiciliare, è stata – per tutta la vita – nella Croce Rossa, come infermiera e poi come ispettrice delle infermiere volontarie. Un’esistenza davvero ben spesa.

La storia di Florin

Pare un racconto di altri tempi, eppure siamo a Roma, nel XXI secolo. Florin, un ragazzo romeno che vive con la famiglia – quattro persone in tutto – in un casale diroccato presso l’ippodromo di Tor di Valle, ogni giorno va a prendere l’acqua con una tanica di venti litri che carica su una carriola per trasportarla fino a casa. Nel periodo delle grandi piogge autunnali passa più volte la notte fuori casa, senza dormire e al freddo, per raccogliere l’acqua che scende dal tetto. Insieme al padre – con il permesso del personale – ha attaccato un generatore alla rete elettrica dell’ippodromo, in modo da avere la corrente almeno qualche ora al giorno. Per andare a scuola, percorre ogni giorno parecchi chilometri a piedi.

Florin non si lamenta, è gentile e rispettoso con i compagni e gli insegnanti. A volte, ha qualche difficoltà a mangiare alla mensa della scuola perché pensa alla sua famiglia che non ha nulla da mettere a tavola.

Il suo sogno è avere una casa dignitosa per la sua famiglia, una vita fatta di lavoro e di cose “normali”. La nostra speranza è che il Premio, insieme alla solidarietà e all’amicizia dei suoi insegnanti, possa aiutare Florin a realizzarlo.

La storia di Ilario

Ilario supera le barriere architettoniche. Un piccolo Superman, che si incarica ogni giorno di far capire agli adulti quanto poco ci vorrebbe per rendere meno disagevole la vita dei diversamente abili. Lui la risolve facilmente (per così dire) perché è alto e forte: ogni mattina aspetta davanti all’entrata della sua scuola l’amico Cosimo, affetto da distrofia muscolare, se lo carica sulle spalle e lo porta in classe; quando Cosimo deve andare alla lavagna, eccolo di nuovo in azione. E così quando è il momento di andare in bagno, e ancora al termine dell’orario scolastico.

La nostra società non è accogliente nei confronti delle persone svantaggiate. Per fortuna c’è Ilario, e ci sono tanti ragazzi come lui che, ogni giorno, la rendono migliore.

La storia di Carola

Carola ha vent’anni, ma a scuola è diversa dalle ragazze della sua età. L’anno scorso si è diplomata all’ITC “Moreschi” di Milano con il massimo dei voti ed è diventata il punto di riferimento della sua famiglia. Papà Nando colpito da un grave handicap motorio è il custode di uno stabile con diritto ad un piccolo alloggio che altrimenti non si sarebbe potuto permettere. L’anno scorso, in seguito ad una caduta, si è fratturato il femore; tanti mesi di cure riabilitative durante i quali è stato sostituito da Carola che si è assunta i lavori più pesanti relativi alla portineria per impedire che i condomini pensassero di sostituire Nando. Mamma Annalisa per arrotondare fa dei lavoretti saltuari presso alcune persone anziane della zona. Entrambi i genitori sono originari dalla Sardegna e l’estate scorsa, dopo la maturità, mamma Annalisa come premio, ha proposto a Carola di andare al mare dalla nonna in Sardegna, avrebbe pensato lei alla portineria. “Non se ne parla nemmeno – ha detto Carola – non ti lascio da sola ad affrontare le cure di papà e il lavoro nel condominio.” Quest’anno Carola si è iscritta alla facoltà di mediazione culturale. Il suo interesse principale è sempre stato quello di aiutare chi si sente diverso ed escluso  ed ora vuole studiarne il metodo.

Questa storia potrebbe sembrare banale, sono molte le ragazze brave a scuola che aiutano i genitori ! ma in un mondo di adulti dove tutto è ”dovuto” è bene segnalare che esiste anche l’altruismo in famiglia.