Hazel Marie Cole ha ispirato il Premio con la sua vita, Aldo ha trasformato l’ispirazione in realtà. Le loro storie spiegano più di mille parole le origini e le motivazioni di questa iniziativa, e sono le prime che vogliamo raccontare.
La storia di Hazel
La vita di Hazel Marie Cole è stata per molti versi eccezionale. Veniva dalla Gran Bretagna, dove era ingegnere e si occupava di aerodinamica, in particolare progettava le ali degli aerei supersonici militari. Si spostò poi, per lavoro, in Canada e negli Stati Uniti. Lì, a New York, l’incontro con il futuro marito e la decisione di trasferirsi in Italia. Infine, l’impegno nell’insegnamento: per essere libera di seguire il marito nei suoi frequenti spostamenti lavorativi, l’ingegnere frequenta l’Università, impara la didattica dell’inglese e diventa docente a tempo pieno. Una persona altruista e dinamica, senza alcuna paura dei cambiamenti. Inoltre, un’artista con la passione per l’arte: scultrice lei stessa, si batteva per promuovere gli artisti con cui veniva in contatto, con naturalezza, senza competitività.
In tanti modi si prodigava per aiutare i propri simili: come insegnante, si dedicava ai bambini perché superassero le loro difficoltà ad apprendere; come artista, era generosa di aiuti e incoraggiamento nei confronti dei giovani artisti che avevano difficoltà a esporre le loro opere e a entrare in contatto diretto con il proprio pubblico potenziale; come abitante di Duino (dove, nel Collegio del Mondo Unito, vivono ragazzi provenienti da aree del mondo svantaggiate), era sensibile al tema dell’integrazione e della convivenza con gli stranieri, oltre che interessata alle oggettive condizioni di vita e al benessere dei ragazzi ospiti del Collegio. Ragazzi che avevano il privilegio di studiare in un ambiente accogliente e internazionale, ma che – magari – uscivano in camicia in un giorno di bora perché nel loro Paese non si usano i cappotti. Infine, fra le sue attività vi era l’assistenza alle persone non autosufficienti (anziani, disabili), alle quali cercava di assicurare una vita il più possibile normale.
La storia di Aldo
La perdita di Hazel ha spinto Aldo a desiderare di operare nel sociale per dare seguito al lavoro della moglie. Incoraggiato in questo dall’incontro con padre Armando Pucci, scolopio, che aveva fondato l’Associazione “L’alunno più buono d’Italia” e il premio “Ignazio Salvo” in memoria dell’alunno del Collegio Nazareno di Roma – scuola dei Padri Scolopi – colpito da distrofia muscolare progressiva e perciò costretto alla sedia a rotelle, morto a causa della sua malattia all’età di 19 anni, al termine del 2° liceo classico.
Le prime segnalazioni per il Premio alla Bontà, intitolato ad Hazel, arrivarono ad Aldo tramite questa Associazione. Nel 1999 il primo ragazzo premiato fu Simone Pau, un bambino di dieci anni che aveva aiutato un suo compagno di classe indiano sia dal punto di vista scolastico sia da quello dei rapporti umani, favorendone l’integrazione. Sembra una piccola cosa, ma il comportamento di Simone potrebbe anche aver salvato la vita del suo compagno: è purtroppo comune venire a conoscenza dei gravi disagi sofferti dai ragazzi migranti, motivati anche dalle difficoltà a inserirsi nella scuola e nella comunità dei coetanei.